Nostalgie della terra di Mauro Tetti: inseguire il mistero per trovare se stessi. Recensione

 Nostalgie della terra di Mauro Tetti: inseguire il mistero per trovare se stessi. Recensione

Un diario ritrovato, una voce di donna che sussurra tra le pagine. La promessa di un approdo e un cubo che sembra nascondere il senso ultimo di tutte le cose. Sono questi gli ingredienti di Nostalgie della terra, il secondo romanzo di Mauro Tetti, pubblicato da Italo Svevo Edizioni alla fine dell’anno appena trascorso: un viaggio in una Sardegna misteriosa e leggendaria che procede secondo il ritmo dei racconti antichi. 

«Raccontami una storia di pescatori, di maree, di quelle specie di mostri degli abissi che non chiudono mai gli occhi»

Nostalgie della terra: la trama del libro di Mauro Tetti

Il libro di Mauro Tetti funziona come una mappa: ogni capitolo si apre con le coordinate di una delle tappe del viaggio in cui si sono imbarcati i personaggi del racconto. Il protagonista, senza nome, è la forza trainante dell’impresa: è lui ad essere entrato in possesso di un vecchio diario in cui si racconta di un oggetto misterioso che avrebbe il potere di mettere in ordine ogni cosa nella vita dell’individuo che vi si specchia. A scriverlo, a quanto si legge, è stata una donna vissuta in un tempo antico e dal corpo tatuato, il cui fantasma si lascia indovinare, di tanto in tanto, in sogno. Si chiama Maddalena, e la sua storia è quella di un viaggio che acquisisce man mano i contorni di un’odissea infinita. Con lei c’è un uomo dallo sguardo «uguale al mare», Glauco, che, come il suo omonimo mitologico, fa il pescatore. Entrambi si sono messi per mare alla ricerca del cubo, sospinti dalla forza del vento e dal desiderio, ignari di ciò che li attende. Il diario ne segue gli spostamenti, ne indaga le paure; tiene il conto dei morti e degli attacchi improvvisi. Ed è sulla base di questo racconto che il protagonista – insieme ai suoi compagni – si mette in viaggio, nella speranza che quelle parole non siano frutto dell’immaginazione, ma possano davvero condurre al cuore di tutte le cose. 

Una ricerca instancabile e disperata

«Non importa dove sei quando succede. Puoi essere in un bosco e nessuno ti ha visto andare tra gli alberi, può essere che stai andando verso il villaggio o non sai più dove stai andando […] può essere pure tutto oppure niente: ma viene il giorno che crollano tutti i convincimenti di una vita. […] Questo il momento di andare per mare, così si dice, e di partire verso le isole dimenticate» 

Quando si cerca qualcosa significa che si è perso qualcos’altro o che (forse) non lo si è mai posseduto. Mettersi per mare è come andare alla radice della propria identità, là dove si azzerano le sovrastrutture e si rimane soli, in mezzo al nulla, di fronte alla versione più autentica e scarna di sé. Tutti i personaggi che abitano questa storia, difatti, sono monchi: qualcuno ha appena perso l’amore di una vita, qualcun altro cerca di riscattarsi dalla propria marginalità. Ciascuno, nel profondo, è convinto che il cubo possa restituirgli qualcosa. La narrazione assume, per questo motivo, la forma di una ricerca instancabile e disperata lungo la quale bisognerà affrontare dolori nascosti e mostri dal volto sconosciuto: la realtà e il simbolo si scambiano di posto riga dopo riga, e il canto lontano di una balena che piange i suoi figli è fatto della stessa melodia del lamento degli umani che si cercano invano. 

Un romanzo ipnotico alla ricerca del sé

Nostalgie della terra è un romanzo a incastri, che procede in un’atmosfera onirica pronta a trasformarsi, d’improvviso, in quella di un incubo. È un racconto che affonda le mani nella letteratura antica – quella epica e biblica, quella universale da cui procede ogni storia – e si mantiene, al contempo, sulla linea del presente dominato dalle guerre e dalla precarietà dei sentimenti. Lo stile di scrittura di Mauro Tetti è ipnotico e avvolgente: la lettura è un esercizio di decifrazione che a volte deve arrestarsi di fronte all’immenso mistero dei luoghi e delle cose. 

Lungo il corso di questo viaggio, la ricerca diventa lo strumento di un’esplorazione interiore che coinvolge sia i personaggi che il lettore. L’approdo è incerto, ma vale la pena tentare: in fondo, la storia del cubo sembra una profezia, e come tutte le profezie, essa è «la proiezione dei propri desideri, a volte delle proprie nostalgie».

a cura di Rebecca Molea 

Rebecca Molea

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