Il romanzo “Malbianco” del premio Strega 2022 Mario Desiati: quando il trauma è un fatto ereditario

Dopo il successo di Spatriati (Einaudi, 2021), vincitore del premio Strega 2022, Mario Desiati torna nella sua Puglia con un romanzo che parla di traumi ereditari. Malbianco, uscito a febbraio per Einaudi, è una complessa indagine nell’albero genealogico dei Petrovici, per «dissotterrare i segreti sepolti dalla storia e dalla memoria» che, come una malattia, si sono propagati da una generazione all’altra. Fino a quando Marco Petrovici decide di affrontare gli eventi irrisolti nel passato della sua famiglia per curare i propri disturbi d’ansia.
Malbianco di Mario Desiati: la trama del libro
Marco Petrovici è un quarantenne «spatriato e nevrotico» che lavora a Berlino come creatore di contenuti digitali. Quando inizia a soffrire di improvvisi svenimenti, torna in Italia per sottoporsi a esami medici che in Germania risulterebbero troppo costosi, ma questo soggiorno temporaneo si trasforma in un rientro definitivo. Spinto dal senso di colpa per aver abbandonato e deluso i genitori ormai ultraottantenni, Use e Tonia, si ferma a vivere con loro nella vecchia casa nel bosco alle porte di Taranto.
A contatto con i luoghi della sua infanzia, Marco si convince che i propri malesseri psichici e fisici dipendano dal passato dei Petrovici. Ripercorre così la storia della sua famiglia, partendo dal vago ricordo del prozio Pepin, considerato da tutti un muto di guerra, che canta e suona il violino nella neve. Marco ricostruisce poi la vita della bisnonna Addolorata, una trovatella che ha dato ai suoi figli quello strano cognome, e di nonno Demetrio, reduce della Seconda guerra mondiale con la «debolezza della poesia». Grazie al diario di zio Marco, ai racconti di zia Ada, alla letteratura, alla psicoterapia e alla melodia di una ninna nanna yiddish, Marco riuscirà a scoprire cosa si nasconde nel passato della sua famiglia.
La memoria intergenerazionale del trauma
«La vera ragione dell’interesse sul mio caso è che in fondo ci sono due grandi ferite che i miei antenati non hanno mai davvero elaborato. La guerra e le migrazioni, i grandi eventi che sconvolgono le vite di tutti, ferite che si tramandano di generazione in generazione come i nomi che vengono dati ai figli».
Nel ricostruire la storia dei Petrovici, Marco si imbatte in due traumi mai risolti, che riguardano non solo i diretti interessati ma tutta la famiglia. Da un lato, la ferita degli internati militari italiani che dopo l’8 settembre 1943 scelsero di non aderire alla Repubblica di Salò, pagando con la prigionia nei campi di lavoro tedeschi e con l’incomprensione delle loro stesse famiglie. Dall’altro, quella dei pogrom, che costrinsero molti ebrei a fuggire verso sud, fino al porto di Taranto, in attesa di una nave per una nuova vita. Attraverso questa ricerca, Marco scopre però che il vero trauma non è legato agli eventi in sé quanto all’omertà con cui i suoi genitori hanno cercato di nascondere e dimenticare le origini dei Petrovici. Queste reticenze, che Marco ha cercato di colmare con l’immaginazione dei timidi, riempiendo i vuoti con l’invenzione, sono il vero malbianco, un parassita che «riveste l’albero con un feltro bianco e ne fa sparire i colori», offuscando il passato fino a renderlo irriconoscibile.
La scrittura di Mario Desiati in Malbianco
Marco, protagonista e voce narrante, accompagna il lettore tra il presente e un passato ricostruito con l’aiuto dell’omonimo zio. Grazie all’intreccio fra dimensione privata della memoria e storia collettiva, Desiati racconta gli IMI e la condizione dei reduci di guerra. Il romanzo è inoltre carico di simbolismo: dall’albero genealogico in cui si nasconde un ramo spezzato dal trauma, agli animali simbolo di Martina Franca, il lupo e l’asino, fino al potere della musica che può legare le generazioni e curare i tarantati. Chiude il libro un’ampia bibliografia finale, a sostegno dell’approfondita ricerca compiuta da Desiati per questo romanzo.
A cura di Francesca Cocchi