La fattoria del cane rosso di Nathaniel Ian Miller, il romanzo islandese è un vero insegnamento per la crescita

 La fattoria del cane rosso di Nathaniel Ian Miller, il romanzo islandese è un vero insegnamento per la crescita

Dopo lo straordinario successo di Le memorie di Sven Stoccolma (Atlantide, 2023), tradotto in diverse lingue e acclamato dalla critica, torna nelle librerie italiane Nathaniel Ian Miller con il suo nuovo romanzo La fattoria del cane rosso (Atlantide, 2025; traduzione di Alessandra Osti). Ambientato in Islanda, questo romanzo è una storia di crescita interiore, un inno alla gioventù che si confronta con le difficoltà dell’età adulta e ne esce vittoriosa. Miller, con un passato da giornalista, vive con la sua famiglia in una fattoria nel Vermont: proprio alla vita rurale è ispirato quest’ultimo lavoro con un protagonista cresciuto in fattoria.

La fattoria del cane rosso di Nathaniel Ian Miller: la trama del libro

Protagonista è Orri, studente universitario fuori sede a Reykjavík, un luogo spaesante per lui che è cresciuto in una fattoria sperduta dell’Islanda occidentale. Lontano dai genitori, dal cane Rykug e dal vulcano Baula, inizia a soffrire di insonnia e a provare una strana inquietudine. Quando il padre, un uomo introverso abituato a gestire da solo le difficoltà della vita contadina, manifesta i sintomi di una depressione, Orri decide di tornare a casa per dare una mano con la fattoria. Ha così modo di confrontarsi con le asprezze della natura, in una terra dal clima difficile, e di guardare agli adulti con occhi nuovi, scoprendone segreti e fragilità. L’amicizia di Runa e la relazione con Mihan segneranno una svolta, ma risveglieranno nel protagonista anche l’urgenza di capire cosa desidera davvero fare della sua vita. La strada verso l’età adulta passa anche attraverso la conoscenza della persona che si cela dietro il ruolo genitoriale.

Il legame con le proprie radici

Le radici hanno un ruolo centrale in questo romanzo: la famiglia, la terra, l’amore, sono presenze che non possono essere tradite perché parte della nostra identità. Eppure i legami non devono diventare un ostacolo alla felicità: «È un paradosso tutto islandese: la natura tenace di questo luogo è proprio il cambiamento. Non è tanto un adattarsi, quanto una trasformazione. È scritto nelle nostre rocce e nelle nostre ossa. Credo che si potrebbe dire lo stesso di mio padre e, forse, di me».

Chiunque provi a resistere al cambiamento, avrà difficoltà. È il caso dello stesso protagonista, che teme di prendere le decisioni sbagliate e rimanda continuamente il momento della scelta: continuare gli studi o restare alla fattoria? Ma anche di suo padre, prigioniero di una vita che sente non appartenergli più. Sono le figure femminili quelle meno inclini ad assecondare la monotonia: per esempio la madre di Orri, docente universitaria che sceglie a un certo punto di riprendere in mano la sua carriera; e la giovanissima Runa, vittima di un padre violento. L’Islanda diventa così metafora degli ostacoli dell’esistenza: adattarsi richiede forza di volontà e una continua capacità di reinventarsi.

Lo stile di Nathaniel Ian Miller in La fattoria del cane rosso

Con un tratto ironico, che ha un debito verso Salinger, la voce narrante del giovane Orri è di disarmante sincerità: mentre il suo mondo si sgretola progressivamente, al suo posto se ne forma uno nuovo, quello adulto, e cionondimeno il confronto generazionale o il rapporto ambivalente con la terra d’origine sono raccontati con leggerezza e umorismo.

A cura di Annateresa Mirabelli

Blam

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